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Credevo che preparare un sito fosse un lavoro molto tecnico. E lo è in parte. Ma è anche un lavoro molto profondo sulla propria identità professionale.

 
 

Uno dei miei libri preferiti e forse quello che più mi ha fatto capire che tipo di persona volevo diventare da grande è Alice nel Paese delle Meraviglie. In uno dei passaggi del libro, che penso conoscerai anche dal cartone animato, Alice incontra il Brucaliffo e lui le fa una domanda difficilissima, perché le chiede “Chi sei?” Cosa esser tu?

Se qualcuno lo chiedesse a me, avrei una risposta da dare? In questi mesi una risposta alla domanda “chi sei” - almeno nel lavoro - l'ho dovuta trovare. Ti racconto come.

Più o meno alla vigilia di natale del 2021, ho iniziato a lavorare a questo sito. Non so se ti è mai capitato di lavorare ad un sito e soprattutto al tuo sito, ma dopo i primi tre giorni di tentativi di organizzazione andati a vuoto ho capito che non avevo idea di quello che dovevo fare.

Credevo che preparare un sito fosse un lavoro molto tecnico. E lo è in parte. Ma è anche un lavoro molto profondo sulla propria identità professionale. Appunto, cosa esser tu? E questa domanda viene molto molto prima del momento in cui si sceglie la palette colori o la coppia di font da utilizzare. Significa fare non uno, ma dieci passi indietro e sforzarsi di guardare il proprio lavoro dall’esterno. E trovare il senso più ampio di quello che facciamo.

Quindi ho una maglietta o un'illustrazione sul tavolo. Ma cosa vedo se allargo la prospettiva su quello che ho realizzato? Vedo il modo in cui lo faccio. E se mi allontano ancora un po' vedo i perché. Perché quel soggetto, perché quella tecnica, perché quel tipo di estetica. Ma anche i perché più profondi: perché lo faccio, a chi penso, a chi mi rivolgo. Perché ho bisogno di farlo e, allontanandomi ancora di più, cosa voglio dire al mondo quando lo faccio? Sì, sembra megalomane, ma bisogna mettere di mezzo pure il mondo.

Alla fine in realtà non è poi così male. Perché farsi tutte queste domande è anche un modo per mettere ordine. E si scopre che nel semplice atto di disegnare qualcosa o di preparare nel mio caso la lezione per un corso in realtà negli anni si sono sedimentati tanti strati di sé. E questa è l'occasione per farli emergere, per dargli un nome.

Io, per esempio, ho trovato tre parole che descrivono bene i chi – come – cosa e perché del mio lavoro: sono semplicità, cura e ricerca. E queste parole sono state la guida per lavorare poi finalmente a tutti gli aspetti estetici della scatola che li doveva contenere, il sito appunto.

Ma sono riuscita anche a fare ordine nelle motivazioni che ogni giorno mi spingono a lavorare per me stessa, con tutta la fatica che questo comporta e a darmi dei punti fermi dove ritrovarmi quando questa fatica è tanta o quando si comincia ad andare fuori strada perché le cose non vanno come vorremmo. Lo faccio perché penso che sia importante e perché credo che la creatività e l'arte servano. Sì, servano.

Servono a me che non sto bene se a un certo punto non uso il disegno per indagare e raccontare, come fosse una lingua straniera che mi consente di dire quello che nella lingua madre ho paura di esprimere. E serve a tenere vive le idee, a vedere le cose da una prospettiva diversa a uscire dalle scatole e dagli schemi e a vedere la meraviglia.

E quindi al brucaliffo cosa ho risposto? Te lo racconto qui, alla voce chi sono.