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Ci sono voluti 7 anni per fare pace con le tante me disegnate e ricamate - con i miei tanti “stili”. Ora ci sono riuscita.

 
 

Ci sono dei limiti che nessuno ci impone dall'esterno, ma in cui ci andiamo ad infilare da soli.

In questi anni ho speso una buona quantità di energie per catalogare entro definizioni standard il mio lavoro. Ho costruito limiti mentali attorno a ognuna delle sfaccettature di cui si compone, nascondendo con imbarazzo tutto quello che non rientrava in un'unica immagine di coerenza e di stile.

Ci sono voluti 7 anni per fare pace con le tante me disegnate e ricamate. Ora ci sono riuscita e ti racconto come è successo.

Cominciamo dall'inizio, lo stile.

Immagina il mercato dell'illustrazione come una grande via del Corso. Decine, anzi migliaia, di vetrine di negozi immaginari ognuno appartenente a un illustratore o un’illustratrice diversi. Lo stile è quello che trovi nella vetrina e che con uno sguardo rapido dovrebbe farti capire se vuoi entrare o no in quel negozio. Vale a dire se vuoi o no il lavoro di quell'illustratore o quell’illustratrice. È un esempio sintetico, ma la realtà funziona più o meno così.

È per questo che lo stile è uno degli aspetti più scottanti quando si comincia anche solo a pensare di voler lavorare con l'illustrazione. Lo stile è il modo in cui si disegna, è l'immaginario e spesso viene identificato con la tecnica che si usa per raccontare per immagini. È importante perché serve a farsi riconoscere dall'esterno. Ma è anche la prima grande etichetta, e quindi il primo grande limite, che mettiamo sopra al nostro lavoro.

Io con lo stile non ho mai avuto un buon rapporto. L'ho sempre percepito come una costrizione: come potevo comporre una vetrina riconoscibile e coerente nel mercato dell'illustrazione con i tanti stili di cui era composto il mio lavoro? Ho sempre avuto illustrazioni colorate, disegni a matita in bianco e nero, da un po' di tempo ricami, disegni fatti con il pastello a cera, ora pure dipinti. Certo, ho sempre individuato un filo conduttore a tutto quello che facevo, ma il filo conduttore è un po' complicato da presentare in poche righe in un'email o facendo scroll in un portfolio online.

Per questo per alcuni anni ho fatto una lunga ricerca di stile, appunto, concentrata solo sulle illustrazioni a colori. Ho smesso di disegnare in bianco e nero finché non ne ho sentito una grande mancanza e ho ripreso, ma senza mai considerarlo qualcosa di ufficiale. Poi ho cominciato con il ricamo. E ho tralasciato il resto per provare a costruire uno stile coerente solo con ago e filo. Ma non era abbastanza. Ho provato tante strade con l'idea che sarebbero diventate l'unica. Finché ho capito che avrei trovato pace solo accettandole tutte, come strade che originano dallo stesso punto ma poi corrono su binari paralleli. E insieme fanno me.

Qualche settimana fa guardando casa mia ho osservato che lo stesso criterio che uso per riempire i fogli di carta o la stoffa l'ho usato per riempire gli spazi di casa: poche cose ma mirate. Pochi colori in alternanza tra caldo e freddo. Bianco, tanto bianco.

Vedendo le stanze che con calma e senza alcuno scopo lavorativo avevo arredato in più di 24 mesi ho capito che lo stile è un modo di ragionare. Si applica ai fogli come ai metri quadri di casa. Non sono le categorie tecniche – digitale, acrilico, pastelli ricamo – a dare una definizione del mio stile ma il mio modo di pensare e di tradurre questo pensiero in un linguaggio senza parole.

E così il ricamo è diventata una tecnica di illustrazione. Il bianco e nero è diventato ciò che è davvero: una scelta all'interno delle mille possibilità con cui si può costruire un'illustrazione. Non ho più sentito il bisogno di separare e mettere etichette per poter incontrare categorie esterne, come illustrazione per l'editoria, disegni, progetti personali, digitale, ricamo. Le categorie si possono selezionare e piegare per trovare un punto di comunicazione tra una ricerca personale e la necessità di farsi capire dal mondo esterno per lavorare.

Ho quindi un mio stile? sì. Ed è un racconto per immagini continuamente aperto a contaminazioni, a strade non percorse. Quello che lo guida è il mio gusto e uno scopo: comunicare e farlo nel modo migliore possibile. E se quel modo è un disegno o un ricamo, o un timbro su carta non sarò io a porre dei limiti.