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Cosa si fa quando si riceve un “no”? Si incassa. E ci si prende del tempo per capire qualcosa in più del proprio lavoro.

 
 

A marzo 2023, dopo uno dei giri di invio di portfolio che cerco di fare periodicamente, ho ricevuto un'email di rifiuto. Non succede spesso. In genere quando il portfolio non interessa – almeno questa è la mia esperienza – non si riceve nessuna risposta. Il no resta sottinteso. Mentre rimane il dubbio – anche confortante - che la mail non sia ancora stata aperta o si sia persa. E così si va avanti con il proprio lavoro. Questa volta però ho ricevuto un vero no, con una motivazione scritta, per giunta da un editore che mi piace molto.

Cosa significa incassare un rifiuto del genere?

Ovviamente non è il primo no che ricevo. Mi capita spesso, con clienti privati o aziende di fare un preventivo e di ricevere un no motivato. Questo, però, per me era un no diverso, perché era un no sul mio lavoro nel suo complesso.

Nello specifico, e qui cito più o meno quello che mi è stato scritto con estrema cortesia nella mail di risposta, il mio lavoro non veniva ritenuto in linea con il catalogo della casa editrice. Una valutazione assolutamente onesta, che però, ammetto, mi ha dato da pensare nei giorni successivi.

Avevo inviato il portfolio a quella casa editrice di illustrazione per l'infanzia, stiamo parlando di nello specifico di questa categoria, perché pensavo, o forse è meglio dire speravo, che il mio lavoro fosse in linea con il loro catalogo. Invece no, non era in linea. Significa che avevo fatto una valutazione sbagliata. E non era come qualche anno fa in cui per inesperienza inviavo il portfolio a chiunque, qui avevo scelto e ragionato prima di scrivere, ma avevo valutato male.

Mentre digerivo questo no – con un pizzico di bruciore allo stomaco, ma non molto di più – mi è tornato in mente l'ultimo invio di portfolio alle case editrici di illustrazione per l'infanzia fatto nel 2018 per cui non avevo ricevuto nessuna risposta. Nessuna. Quello sì mi aveva provocato una delusione e una tristezza assoluta, lasciandomi con mille domande su quanto fosse opportuno investire ancora nel lavoro che avevo scelto, quello dell'illustratrice. Avevo da poco pubblicato il mio primo libro illustrato per bambini ed ero convinta che a quello sarebbero seguiti altri lavori del genere. Invece non mi aveva risposto nessuno.

Ne ero uscita dopo settimane. Capendo una delle cose più importanti per chi fa o vuole fare questo lavoro: avevo sbagliato il target. Che detto in altri termini vuol dire: avevo puntato sull'illustrazione per l'infanzia perché è un settore che ha prodotti bellissimi e un'aura di fascinazione di cui avrei voluto fare parte anch'io. Ma il mio lavoro non era adatto. Avevo modificato il mio stile per fare qualcosa che fosse appetibile a quel mercato, ma ovviamente non risultava convincente. Perciò era il momento di smettere di guardare all'esterno e tornare a me. Capire a cosa il mio lavoro era effettivamente adatto, cosa io avevo voglia di disegnare e comunicare con il disegno, e concentrarmi esclusivamente su quello.

Una cosa simile è successa anche questa volta. Con risvolti emotivi molto meno tragici per fortuna. Ho semplicemente razionalizzato il no che avevo ricevuto e ho capito quello che mi è stato scritto con grande chiarezza nella mail di risposta: che quello che faccio non è in linea. Semplicemente non avevo valutato bene. O forse avevo valutato, ancora una volta, sulla scia di un'emozione più che su una reale affinità con quel tipo di lavoro. D'altronde quello che disegno non ha ambientazioni, è più concettuale che narrativo e, cosa da non trascurare include la maggior parte delle volte personaggi senza vestiti. Con queste premesse come posso pensare di essere adatta a illustrare un libro per bambini? Magari un altro tipo di libro, magari una copertina. Ma una storia per l'infanzia no.

Quindi, per concludere, cosa si fa quando si riceve un no così esplicito? Si incassa. Ci si rimane un po' male – meno di un tempo per fortuna – e si cerca però di cogliere l'occasione per capire qualcosa in più del proprio lavoro.

È difficile a volte valutare quello che facciamo perché siamo così dentro il nostro mondo che perdiamo completamente lo sguardo oggettivo. Per me, per esempio, è 100 volte più facile fare una portoflio review durante una consulenza, che guardare oggettivamente il mio lavoro. Però è un esercizio che si deve imparare a fare, anche per capire in maniera onesta quello per cui possiamo dare il meglio e quello per cui altri sono migliori di noi. Capirlo è il primo passo per sapersi proporre a chi davvero aveva bisogno del tuo valore aggiunto e ricevere un sì.

Ne parliamo nel prossimo episodio.