Torna a Diario creativo

 

Ci vuole tempo per fare il lavoro che sogniamo. Il mio lavoro per illustrare la copertina di un libro e cosa vuol dire essere finalmente “pronti”.

 
 

Lo so, perché l'ho provato, che già dalle prime illustrazioni che creiamo cominciamo a sognare. Sogniamo che i nostri lavori siano pubblicati da clienti importanti, su copertine, che diventino pattern per vestiti, manifesti di eventi. Sono oggettivamente sogni bellissimi, ma non tengono conto di una cosa: che stiamo parlando di lavoro.

Un paio di anni fa ho detto a una cara amica che stava cominciando a lavorare per clienti importanti che la invidiavo un po' e che sarebbe piaciuto farlo anche a me. Lei mi ha risposto che era bello sì, ma che non era un lavoro idilliaco. Perché più è grande il cliente, mi ha detto, più ci sono cose da gestire, tante esigenze, tante modifiche, la libertà creativa da difendere e ovviamente adattare per arrivare a un risultato finale che renda felici entrambi. Bisogna, in altre parole, essere maturi. Aveva ragione.

Quando ho iniziato a lavorare su commissione per alcuni giornali italiani, più o meno 5 anni fa, ricordo che alla felicità per il lavoro proposto seguiva per me, puntualmente, il panico di dover poi effettivamente realizzare quel lavoro. Dovevo trovare almeno un paio di idee disegnate da proporre in tempi stretti – per i giornali in media in una giornata, a volte anche meno – dovevo mettere in conto che ci sarebbero state delle modifiche e, forse anche trovare una soluzione nel caso in cui nessuna delle proposte fatte andasse bene. E poi c'era la parte finale: trasformare quelle bozze in definitivi belli e efficaci, pronti per essere stampati su un giornale.

Mentre scrivo mi torna in mente un'esperienza da incubo avuta con un giornale italiano per cui avevo accettato di fare delle illustrazioni il mio primo giorno di vacanza al mare – sottinteso: mai, mai accettare un lavoro mentre si è in vacanza. Due delle tre illustrazioni che dovevo creare hanno richiesto molte modifiche e quindi diversi giorni di lavoro. Erano troppo sintetiche e lo spazio da riempire era tanto. E io non sapevo cosa aggiungere. Mi alzavo alle 5 del mattino per lavorare sperando di non togliere tempo alla vacanza e a chi era partito con me. Ma questo lavoro non finiva, non arrivava mai l'approvazione finale.

Essere pronti, sicuramente, significa non viverla così.

Significa saper anche dire un no. Significa avere chiaro cosa si può fare o non fare con il proprio stile. E avere il controllo di tutto il processo creativo di un'illustrazione. Inclusi i momenti di crisi. Perché arrivano sempre.

Di recente ho lavorato alla mia prima copertina di libro. Quando ho ricevuto la proposta per questo lavoro alla felicità per una commissione che sognavo da tempo, non è subentrato il panico, ma la concentrazione. Ho avuto un momento in cui non trovavo le idee, ma l'ho affrontato uscendo di casa. Guardando semplicemente altro e dormendoci sopra. Ossia come ho imparato a fare in questi anni di lavoro per altri e per me stessa.

Essere pronti significa anche saper mettere da parte la bozza originale a cui ci siamo tanto affezionati e capire perché è necessario fare delle modifiche. Significa ascoltare e sapere però anche che è giusto avere voce in capitolo. Vuol dire, insomma, che al posto della paura c'è professionalità e concentrazione. Per arrivarci serve tempo e adesso so perché quel sì è arrivato proprio ora.