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Semplificare è difficile perché fa sentire nudi. Non ci si può nascondere dietro a una tecnica magistrale, dietro a qualcosa che impressiona per la sua complessità.

Nella semplicità è tutto esposto. E questo può fare molta paura.

 
 

Sono giorni che provo a complicare delle illustrazioni che la mia mente vorrebbe estremamente semplici.

Ho bisogno di vedere dei giochi di linee, ma continuo ad aggiungere colori, sfumature. Mi basterebbe la matita, ma ho cominciato a dipingere. Eppure, più aggiungo e più mi sembra di togliere significato ai disegni in bianco e nero che ho creato qualche settimana fa. Possibile che sia così difficile concedersi la semplicità?

Bruno Munari scriveva che complicare è facile, ma semplificare è un lavoro difficile, che esige molta creatività. È vero. Semplificare è difficile perché vuol dire prima di tutto mostrare di meno. Meno virtuosismo tecnico, meno colore. Quando decido – o meglio capisco – che la massima espressione per una mia illustrazione sono la matita e il bianco e nero lotto con quella vocina dentro di me che dice che in questo modo non sto mostrando alcuna straordinaria capacità tecnica. Non mostro di saper dipingere, non mostro di saper gestire i colori, non mostro di saper fare qualcosa di complicato.

Potrei anche chiedermi se sia sempre necessario dover “mostrare” qualcosa agli altri. Ma le mie illustrazioni non sono un diario segreto e ignorare lo sguardo altrui è praticamente impossibile. Un pubblico c'è sempre e, come scrive Munari, “in genere è più propenso a valutare il tanto lavoro manuale che ci vuole a realizzare una cosa complicata piuttosto che a riconoscere il tanto lavoro mentale che ci vuole per semplificare”.

Togliere è impegnativo. E lo posso testimoniare io stessa che da giorni mi struggo su disegni che alla fine non saranno molto diversi dagli originali a matita, ma per cui ho impiegato ore a mettere e togliere. L'impegno e la sicurezza che servono per evitare tutti questi passaggi non hanno nulla da invidiare a qualsiasi maestria tecnica. Bisogna essere molto bravi per saper fare cose semplici e per raccontare un mondo con quella semplicità.

Infine, semplificare è difficile perché fa sentire nudi. Non ci si può nascondere dietro una tecnica magistrale, dietro qualcosa che impressiona per la sua complessità. Nella semplicità è tutto esposto. E questo può fare molta paura. È quasi come aprire il proprio diario segreto agli altri, almeno io a volte mi sento così. Eppure in questa nudità trovo sempre anche una grande forza.

Da tempo ho capito che le soluzioni più essenziali sono anche quelle necessarie per i disegni e le illustrazioni che mi raccontano in maniera più intima. Non avrebbe senso coprire questi racconti con strati di colore o elementi non essenziali, sarebbe come mentire. Faccio fatica a volte a riconoscerlo subito. Ho bisogno di complicare per poi capire che quello che volevo dire in realtà ha bisogno del linguaggio più semplice.

Complico tutte le volte che penso agli altri prima che a me. Penso a quello che starebbe bene nel mio portfolio per essere notato. Penso a quello che potrebbe portare un lavoro, a quello che potrebbe impressionare.

Ma alla fine, nel profondo, so già cosa voglio dire e in che modo lo voglio dire. E quando lascio spazio alla semplicità, alla natura di quello che ho disegnato è come se facessi spazio a me. Spariscono anche i malumori, sparisce il nervosismo che mi accompagna per giorni in queste lotte. Si appiana la confusione e il blocco creativo su cui mi arrovellavo da giorni. È tutto così incredibilmente semplice. Ma così incredibilmente difficile arrivarci ogni volta.