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Un luogo, un libro, una scuola, un gatto. Quattro cose su di me che ancora non avevo raccontato.

 
 

Prima.

Tempo fa ho pubblicato un articolo in cui raccontavo la mia storia e in particolare quello che c'era “prima” che decidessi di studiare e poi di lavorare con l'illustrazione. In questo Diario creativo torno a parlare di me, ma da un punto di vista ancora più personale. Lo faccio a partire da quattro elementi che non sono propriamente collegati tra loro, ma che uniti possono darti un quadro un po' più preciso di chi c'è da questa parte dello schermo (e del microfono se ascolti l’audio).

Il primo elemento è un luogo, il Veneto. Ho scoperto da poco che la maggior parte delle persone che mi conosce virtualmente pensa che io sia di Roma. La cosa mi fa sempre molto ridere perché vengo in realtà da un luogo che per me è l'opposto di quello che è Roma. Roma è la città in cui vivo da 10 anni, ma io sono nata e cresciuta in Veneto, a Treviso per la precisione. Dell'entroterra veneto porto con me tutte le caratteristiche. La famosa “paura di disturbare” - e so che qualcuno in ascolto mi capirà bene; la dedizione a ciò che faccio e la tendenza naturale a fare di più e sempre di più; l'incapacità di concepire un tempo che non sia produttivo. Mi hanno cresciuta così. E ci sono voluti anni per smussare gli angoli di quella che comunque resta la base di ciò che sono.

Sono in sostanza una persona molto disciplinata e che ha dovuto lavorare molto su di sé per darsi la possibilità di fare un lavoro creativo. Un lavoro in cui è fondamentale mettersi in gioco in prima persona – e per una che ha paura di disturbare non è semplicissimo; un lavoro che ha dei tempi e uno scopo diversi dallo standard. E questo mi porta al secondo elemento.


Questo elemento, o meglio questi elementi, sono due libri. Non so se sono i miei libri preferiti, ma sicuramente sono libri che hanno avuto un effetto importante su di me. Mi hanno traghettata da una fase obbediente e razionale al momento in cui ho cominciato a fare spazio all'altra parte di me. Sono Alice nel paese delle meraviglie e il seguito Attraverso lo specchio. Ho scoperto questi libri in quinta superiore e li ho amati per l'assurdità, il sottotesto psicologico e gli spunti su cosa significhi crescere. Sono racconti onirici, dove le scene si susseguono con la frammentarietà dei sogni, dove accadono cose improbabili.

Su questi testi ho scritto la tesina di maturità in una scuola che c'entrava ben poco con le meraviglie – e te ne parlo fra pochissimo – e per me è stata una boccata d'aria, la prima volta in cui ho fatto qualcosa che sentivo essere piena espressione di me. C'era la psicologia, c'erano i rudimenti di filosofia che avevo studiato da poco e l'irrazionale, il gioco di sovvertire le regole e di rendere l'impossibile possibile. Questi libri hanno impedito che io rinunciassi a immaginare. Che continuassi a meravigliarmi delle piccole cose, che cominciassi a pensare che altri mondi potessero essere possibili.


Ho menzionato la scuola. E questa è la terza cosa di me che vale la pena includere in questo elenco. Dai 14 ai 18 anni ho frequentato un istituto tecnico commerciale, una scuola che dopo le prime due settimane in classe avevo capito essere completamene sbagliata per me. Eppure ci sono rimasta 5 anni. Sono intervenute l'autodisciplina. E un po' di altre cose che non racconto qui ma che hanno avuto largo spazio nelle sedute di analisi con la psicologa. Per 5 anni ho studiato bilanci aziendali, partita doppia, ho cercato di far quadrare i conti e ho imparato principi del diritto e dell'economia politica. Sapevo tutto e dimenticavo tutto quando non mi era più utile per prendere un bel voto a scuola. Quello che ho imparato da questi anni non è tanto la gestione aziendale che, comunque, ho di recente dovuto rispolverare anche se con una consapevolezza completamente diversa. Da qui ho imparato che non sarei mai più rimasta bloccata a fare qualcosa che non mi rendeva felice. È da questa esperienza che è arrivato il coraggio per cambiare strada tutte le volte che poi l'ho ritenuto necessario.


Infine l'ultimo elemento: il gatto. Questa non è una sorpresa, visto che tra foto e disegni non è un mistero che io ami i gatti e ne abbia uno in casa. Il mio gatto è il mio alter ego, ciò che vorrei essere e che per tutte le cose che ti ho raccontato finora non posso essere al 100%. Il gatto è arrivato in casa nel modo che ho sempre sognato: l'ho trovato abbandonato – o comunque scappato, senza proprietario – sul pino marittimo della prima casa dove sono stata a Roma. Desideravo da una vita di poter avere un animale domestico ed è arrivato così.

Desideravo un cane, in realtà. E invece è arrivato questo animale indifferente e allo stesso tempo appiccicoso. Che non sa giocare senza tirare fuori le unghie, che mi sveglia la notte e si stende sopra ai fogli su cui sto lavorando. Chi non ama i gatti non li apprezza proprio per questi motivi. Io mi sono ritrovata a convivere con questo animale indisciplinato, che disturba ma è adorabile proprio perché non segue nessuna regola. Per questo – e anche per la sua forma sinuosa – amo disegnarlo e, come racconto sempre ai corsi, è il mio soggetto comfort zone, cioè quello che non mi stanca e non mi delude mai.

Con questo elemento chiudo questo capitolo su di me. Ho saltato un po' qua è là, tra razionale e irrazionale, ma è esattamente come sono io nella realtà.

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